Intolleranza al lattosio: ecco perché varia da persona a persona

Tolleranza al lattosio: ecco perché varia da persona a persona

La capacità di digerire correttamente il lattosio varia da persona a persona: scopriamo di più sui motivi e le cause della cosiddetta tolleranza al lattosio.

La capacità di digerire il lattosio, il principale carboidrato contenuto nel latte, è dovuta all’attività di uno specifico enzima che si trova all’interno del nostro intestino: la lattasi [1]. Nella maggior parte dei mammiferi, compreso l’uomo, l'attività della lattasi è molto alta durante le prime fasi dell'infanzia, mentre dopo lo svezzamento, inizia a diminuire in modo graduale e progressivo, condizione nota come ipolattasia primaria. Addirittura, negli individui adulti, la riduzione dell’attività della lattasi può arrivare fino al 90-95% [2].

Tuttavia, questo fenomeno presenta delle eccezioni. Alcune persone, infatti, sono perfettamente in grado di digerire il lattosio anche in età adulta, perché nel loro intestino permane un’elevata attività della lattasi [3].

Perchè alcuni individui sono in grado di digerire il lattosio ed altri no

La variabilità nella capacità di digerire e tollerare il lattosio che si osserva nella popolazione umana, ha basi genetiche. Infatti, studi scientifici hanno dimostrato che la produzione della lattasi é regolata da un singolo gene che si trova sul cromosoma 23, e che questo gene presenta una mutazione, cioè un’alterazione, negli individui che mantengono la capacità di digerire il lattosio anche in età adulta [3]. Questi soggetti vengono comunemente definiti “lattasi persistenti” proprio perché la mutazione che si trova all’interno del gene della lattasi fa sì che questo enzima continui ad essere attivo nel loro intestino anche dopo l’infanzia, permettendo così la digestione e la tolleranza del lattosio.

L'origine della mutazione

La mutazione responsabile della persistenza della lattasi è apparsa per la prima volta in tempi relativamente recenti, ed in modo del tutto casuale. Infatti, si pensa che questa mutazione abbia iniziato a diffondersi tra gli esseri umani circa 7500 anni fa [4] e, in particolar modo, all’interno di alcune popolazioni dedite alla pastorizia. Probabilmente, la mutazione nel gene della lattasi, che consente di continuare a digerire il lattosio anche in età adulta, si è man mano diffusa in un numero sempre maggiore di individui perché ha rappresentato un grande vantaggio per la loro sopravvivenza, specialmente in occasione di stagioni molto fredde e in periodi di scarso raccolto.

Con lo sviluppo della pastorizia il latte fresco poteva essere facilmente ottenuto dalla mungitura di mammiferi come mucche, capre o pecore: per questa ragione questo alimento iniziò ad essere sfruttato come un’importante fonte di nutrimento, non solo per i bambini, ma anche per gli adulti. Il latte fresco rappresentava per tutti un’ottima risorsa di energia, proteine, calcio e vitamina D, sempre disponibile nel corso dell’anno. Ciò probabilmente contribuì ad aumentare l'aspettativa di vita delle persone del Neolitico, in particolare quella dei membri delle fasce di età più giovani [4].

Nel corso dei millenni, con il progredire dei fenomeni migratori, il fenotipo della “persistenza della lattasi” o “tolleranza al lattosio” si è diffuso in diverse aree geografiche.

Diffusione della tolleranza al lattosio


Oggi, più del 65% della popolazione umana mondiale è intollerante al lattosio [4], ma ci sono differenze sostanziali tra i diversi gruppi etnici. Ad esempio, nelle popolazioni Nordeuropee, e nei gruppi che da esse discendono, la quantità di persone tolleranti al lattosio è eccezionalmente alta. In particolare, in paesi come la Svezia e la Finlandia la percentuale di persone adulte “lattasi persistenti” raggiunge picchi particolarmente alti, pari rispettivamente al 74% e all’82% [4]. Al contrario, in altre parti del mondo come l’Asia, l’Africa e l’Australia prevale esattamente il fenomeno opposto [4],[5].

L’elevata diffusione della tolleranza al lattosio che si osserva nei paesi del nord Europa, però, non può essere solo una conseguenza delle abitudini alimentari delle popolazioni locali. Infatti, il latte vaccino è entrato a far parte della dieta tradizionale degli svedesi e dei finlandesi solo di recente. Piuttosto, alcuni studi suggeriscono che, la grande prevalenza di individui “lattasi persistenti” riscontrata in questi paesi può essere legata ai fenomeni immigratori di persone tolleranti al lattosio provenienti da altri paesi [4],[6].

Altri fattori che possono influenzare la digestione del lattosio


Oltre alla componente genetica di cui abbiamo appena parlato, esistono altri fattori che in ognuno di noi possono influenzare il processo di digestione del lattosio. Anche nella nostra quotidianità, è molto facile constatare come l’intensità dei sintomi manifestati in seguito all’ipolattasia primaria cambi da persona a persona, senza contare che la maggior parte degli individui intolleranti, di solito, è in grado di digerire piccole quantità di lattosio, specie se abituata a consumare in modo misurato latte o altri alimenti contenenti questo zucchero. Questo accade anche perché la riduzione dell’attività della lattasi è molto variabile tra le persone [3].

Inoltre, la modalità con cui abbiniamo gli alimenti tra loro può incidere notevolmente sulla digeribilità del lattosio. Organizzare i pasti in modo da associare ai cibi che contengono lattosio, nutrienti in grado di rallentare lo svuotamento gastrico come lipidi, proteine, fibre e carboidrati, può risultare di grande beneficio. Questo si deve al fatto che un tempo di transito intestinale più lungo, aumenta la possibilità di contatto tra la lattasi e il lattosio, e quindi facilita la digestione di quest’ultimo[7].

Più recentemente, è stata anche studiata l’importanza di altri fattori come ad esempio la sensibilità viscerale[8], che ha il compito di ricevere gli stimoli dai nostri organi interni, e la flora batterica intestinale, che può contribuire attivamente alla corretta digestione del lattosio[9]. Non sono nemmeno da sottovalutare alcuni fattori psicologici che potrebbero alterare in modo significativo la percezione dei sintomi da parte dei pazienti [10].

Bibliografia:

[1] Mattar R, de Campos Mazo DF, Carrilho FJ. Lactose intolerance: diagnosis, genetic, and clinical factors. Clinical and Experimental Gastroenterology. 2012;5:113-121.

[2] Byers KG, Savaiano DA. The myth of increased lactose intolerance in African-Americans. J Am Coll Nutr. 2005 Dec;24(6 Suppl):569S-73S.

[3] Swallow DM. Genetics of lactase persistence and lactose intolerance. Annu Rev Genet. 2003;37:197-219.

[4] Vuorisalo T, Arjamaa O, Vasemägi A, Taavitsainen JP, Tourunen A, Saloniemi I. High lactose tolerance in North Europeans: a result of migration, not in situ milk consumption. Perspect Biol Med. 2012;55(2):163-74.

[5] Sahi T. Genetics and epidemiology of adult-type hypolactasia. Scand J Gastroenterol Suppl. 1994;202:7-20.

[6] Ingram CJ, Mulcare CA, Itan Y, Thomas MG, Swallow DM. Lactose digestion and the evolutionary genetics of lactase persistence. Hum Genet. 2009 Jan;124(6):579-91.

[7] Brown-Esters O, Mc Namara P, Savaiano D. Dietary and biological factors influencing lactose intolerance. International Dairy Journal. 2012 Volume 22, Issue 2, Pages 98-103.

[8] Di Stefano M, Miceli E, Mazzocchi S, Tana P, Moroni F, Corazza GR. Visceral hypersensitivity and intolerance symptoms in lactose malabsorption. Neurogastroenterol Motil. 2007 Nov;19(11):887-95.

[9] Deng Y, Misselwitz B, Dai N, Fox M. Lactose Intolerance in Adults: Biological Mechanism and Dietary Management. Nutrients. 2015;7(9):8020-8035.

[10] Tomba C, Baldassarri A, Coletta M, Cesana BM, Basilisco G. Is the subjective perception of lactose intolerance influenced by the psychological profile? Aliment Pharmacol Ther. 2012 Oct;36(7):660-9.

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